LUIGI BISIGNANI, ALLA RICERCA DELLA SUA IDENTITÀ

bisignani

di Cesare Lanza

“Quando ci sono delle decisioni importanti da prendere il mio parere viene sempre ascoltato”… “Non ho mai amato apparire, non vado quasi mai a cene cui partecipano più di sei persone. E preferisco avere a che fare con un solo interlocutore, così da concentrarmi su di lui e prestargli la massima attenzione” (Luigi Bisignani)

Da un po’ di tempo ho questa fissazione, o intuizione: spesso le creature umane sono tormentate e infelici perché non riescono a capire quale sia la loro, vera e autentica, identità. Molti di noi vivono senza porsi questo ozioso problema, vivono serenamente perché sicuramente la serenità è collegata alla possibilità di non porsi troppe domande. Pochi, e fortunati, capiscono subito quale debba essere la loro vocazione nella vita: scienziati, religiosi, ricercatori, anche criminali – in genere. Mentre la maggior parte di noi umani si arrovella sulla strada da seguire, e spesso non si riesce a imboccare quella giusta, bloccati da ostacoli importanti, paure e timidezze, necessità economiche, dubbi esistenziali e filosofici, problemi di salute, eccetera. E spesso, a volte, non si riesce a capire la propria identità perché siamo eccessivamente dotati di pregi, privilegi e qualità.

Esempio folgorante di questa ultima fascia di ricercatori, consapevoli o no, della propria identità è Luigi Bisignani: sessantun anni tra pochi mesi, giornalista, faccendiere colpito da varie inchieste giudiziarie, amico di politici e finanzieri, comunque di uomini di potere, mediatore, affarista, coach come preferisce definirsi, infine scrittore di successo. In poche parole, una personalità complessa e affascinante. Non so se Bisi, così viene chiamato da chi vuol far intendere una familiarità con lui (non sono tra quelli), si sia mai posto la domanda fondamentale: chi sono io, davvero? che cosa, davvero, vorrei essere? La mia impressione è che giochi con se stesso, mescolando con ironia ciò che è, ciò che vuol far credere di essere e ciò che gli attribuiscono di essere… Come si vede dalle citazioni, riportate qui sopra, velate da una motivata vanità. Troppo facile dire (ricordate un certo Cuccia?) che chi davvero puntualmente è consultato quando si prendono decisioni fondamentali, non si espone a dirlo. Ma il gioco di Bisi mi sembra proprio questo: lo è, lo fa, e lo dice.

BISI 1 GIOCA E CONTRADDICE BISI 2

Ora resta, dall’esterno, azzardare qualche ipotesi. Prima del suo ultimo libro, “Il direttore”, c’era stato l’exploit con Paolo Madron “L’uomo che sussurrava ai potenti”. I due libri non hanno nulla a che vedere, l’uno con l’altro. La diversità è alla radice, la scelta è di Bisi 1 e di Bisi 2. Nel libro/intervista Bisignani racconta, fa nomi e cognomi, rivela episodi e retroscena. Non tutti, per carità! Ovviamente una buona parte delle cose resta tra le ombre, o tra le tenebre. Ma il libro, come ho scritto tante volte, è stato formidabile perché l’autore e il suo intervistatore danno ai lettori la sensazione di addentrarsi in territori proibiti. (Debbo anche sottolineare ancora una volta che fantastica è stata l’idea originaria di Bisignani, quella di sdoganarsi: consapevole di apparire come un personaggio inquietante e oscuro, ha scritto tanto di sé, anche con crudezza, in modo da apparire come il grande personaggio dietro le quinte, circondato da misteri e pesanti interrogativi, finalmente pronto a proporsi senza filtri. Un’operazione perfettamente riuscita perché tutti i mass media, che prima quasi avevano paura o preoccupazione, al momento di parlarne, si avventarono su di lui con richieste di interviste, celebrazioni, stroncature, sintesi del suo pensiero).

Dopo la pubblicazione del libro, Bisignani è stato perseguito da una nuova inchiesta giudiziaria: arresti domiciliari, nuove ombre. E infine, ad aprile, il secondo libro – un romanzo. La tentazione del romanzo, o la vocazione alla narrativa, è una vecchia storia: anni fa già Bisignani aveva pubblicato “Il sigillo della porpora” e “Nostra signora del Kgb”, tanto da vedersi dedicare da Giuliano Ferrara il soprannome di Ken Follett italiano. Con questo romanzo, Bisi, (continuo a chiamarlo così perché è più semplice) contraddice l’operazione di sdoganamento e l’attrazione che aveva suscitato con le rivelazioni dell’intervista a Madron. Rieccoci daccapo. Sì, l’impressione è proprio che questo tipico e straordinario personaggio si diverta a giocare, innanzitutto con se stesso, poi con una ristretta cerchia di amici e nemici a cui, probabilmente, indirizza allusioni, avvertimenti, battute e metafore. Ma noi comuni lettori, e ammiratori spassionati del Bisi 1, da questo gioco restiamo esclusi. Non sappiamo e non riusciamo a capire. E il personaggio, come scrittore meno coinvolgente del potente intervistato, torna a nascondersi dietro una ragnatela indecifrabile. Vari recensori si sono esercitati nella faticosa operazione di decodificare i personaggi e attualizzare le trame romanzesche con quelle dell’attualità. “Il direttore”, dicono, è Ferruccio de Bortoli, una giornalista sarebbe Fiorella Sarzanini, e poi c’é egli stesso, poi il presidente del Sanpaolo Bazoli, forse il cardinal Bertone… Chissà. Per me, un guazzabuglio. De Bortoli lo conosco bene, è un mio ex allievo, l’ho scritto mille volte: la rappresentazione nel libro è lontana dalla realtà, non lo riconosco affatto.

LIBERO DI MENTE, POTENTE SPREGIUDICATO O SCRITTORE DI QUALITÀ?

Conclusione? Forse Bisignani è davvero alla ricerca della sua identità, complessa e tutt’ora incompiuta. Un potente spregiudicato? Lo ha dimostrato in tanti episodi. Uno scrittore eccellente? Il romanzo è divertente e interessante, ancorché appesantito dalla furbizia delle allusioni. Se non è Ken Follett, e se solo alla narrativa si dedicasse, Bisignani potrebbe diventare qualcuno. Se si raccontasse senza scudo: un Casanova, con mirabolanti avventure al posto degli amori. Chissà se e cosa il vostro Bisi sceglierà di essere. A me è simpatico perché è libero di mente, non ha complessi, non ha paura. Gli consiglierei il percorso di Casanova, fuga dai Piombi compresa. Venenum in cauda: di lui non mi piace quel pizzico di arroganza, inadeguata rispetto alle verità della sua storia.

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